Foto Sculture

Foto Sculture

IL FOTORITOCCO, “FATTO A MANO”

C’ERA UNA VOLTA…

L’evoluzione del fotoritocco: dal lavoro “fatto a mano” all’intelligenza artificiale.

Era un’arte che richiedeva pazienza infinita, precisione millimetrica e ore di dedizione. Il fotoritocco, nei primi anni della sua storia, era “fatto a mano” e rappresentava l’essenza stessa della creatività digitale, dove ogni dettaglio nasceva dalla perizia dell’artista. Lo “scontorno” non era questione di un semplice clic: richiedeva un lavoro meticoloso, punto dopo punto, in un processo che ricordava più la sartoria che l’elaborazione digitale.

Alla fine del primo decennio degli anni 2000, quando il digitale era maturo ma non ancora istantaneo, emerse un fenomeno significativo nel panorama fotografico italiano: il concorso “Foto Sculture” della rivista Foto Cult. Questa competizione divenne rapidamente un punto di riferimento nazionale, attirando migliaia di appassionati di fotografia e ritocco digitale.

Il concetto era apparentemente semplice: la rivista forniva tre fotografie tecnicamente elementari e volutamente neutre. I partecipanti ne sceglievano una da trasformare secondo la propria visione creativa. Qui iniziava la vera sfida: giorni interi dedicati a scontorni precisi, modifiche elaborate e inserimenti di elementi surreali per costruire universi visivi completamente nuovi. I vincitori oltre a vedere le proprie opere pubblicate su Foto Cult, ricevevano prestigiosi premi tecnologici. Un riconoscimento significativo considerando le decine di migliaia di partecipanti.

Le “Foto Sculture” che accompagnano questo articolo sono testimoni di quell’epoca. Rappresentano sei lavori di Tony Intieri, che hanno tutti ottenuto riconoscimenti importanti, dai primi ai terzi posti, fino alle menzioni speciali.

Oggi lo scenario è radicalmente cambiato. L’avvento di strumenti come Photoshop Firefly e software basati sull’intelligenza artificiale ha democratizzato il fotoritocco. Operazioni che richiedevano ore di lavoro possono essere completate in pochi istanti o attraverso semplici descrizioni testuali. Modificare sfondi, armonizzare colori o reinventare completamente un’immagine è diventato accessibile a tutti.

Questa evoluzione solleva però un interrogativo cruciale: in un mondo dove la tecnica è stata automatizzata, cosa distingue veramente un’opera dall’altra? La risposta probabilmente risiede in ciò che l’intelligenza artificiale non può replicare: la visione personale dell’artista. Gli strumenti AI, per quanto sofisticati, rimangono mezzi al servizio della creatività umana.

Se da un lato si può provare nostalgia per quell’epoca di “artigianato digitale”, dall’altro emerge una nuova sfida: come integrare queste tecnologie rivoluzionarie preservando l’essenza del processo creativo?

Forse il futuro del fotoritocco non sarà più artigianale, ma dovrà necessariamente rimanere, “pensato a mano”.

Lucca Comics

Lucca Comics

UN PALCOSCENICO PER LA FOTOGRAFIA 

LUCCA COMICS & GAMES 2022: UN’EDIZIONE DA RECORD

Il Lucca Comics & Games 2022, uno degli eventi più amati dai fan di fumetti, giochi, cosplay e cultura pop, ha registrato numeri straordinari, consolidandosi come una delle manifestazioni di settore più importanti a livello mondiale. Dal 28 ottobre al 1° novembre 2022, la città di Lucca è stata trasformata in un universo di fantasia, con migliaia di visitatori che hanno affollato strade e mura medievali.

IL RITORNO DEL GRANDE PUBBLICO

Con oltre 320.000 partecipanti, il festival ha visto una partecipazione massiccia, confermando il suo ruolo di rilievo nel panorama internazionale degli eventi dedicati all’intrattenimento. Le vie di Lucca, con i loro scenari suggestivi, hanno contribuito a rendere l’esperienza unica per espositori e visitatori.

UN PALCOSCENICO UNICO PER LA FOTOGRAFIA

Lucca, con le sue mura medievali e le sue piazze storiche, offre uno scenario particolarmente suggestivo che si sposa perfettamente con l’atmosfera del festival. Durante l’evento, le strade si sono animate con sfilate di cosplayer, ambientazioni ispirate e universi fantastici. Per i fotografi, professionisti e amatori, l’intero festival è stato una fonte inesauribile di ispirazione.

Love: cc’amì fa?

Love: cc’amì fa?

DUNQUE, CC’AMì FA?

CHE COSA DOBBIAMO FARE?

L’espressione “Cc’amì fa?” è una forma abbreviata e dialettale che si trova in alcune aree del sud Italia, per chiedere “Che cosa dobbiamo fare?”, spesso usata in contesti in cui qualcuno chiede un suggerimento o una soluzione, soprattutto in situazioni di incertezza o difficoltà.

Siamo a Cosenza Vecchia dove incontrare personaggi interessanti può essere all’ordine del giorno. E cosa si deve fare in questi casi se non scattare qualche foto?

Come è già ben noto, la streetphotography è un po’ come rubare: si tratta di catturare momenti, spesso senza il consenso degli interessati, ma facendolo rigorosamente con amore, attenzione e soprattutto rispetto. E cosa dire, se non amore, quando lo scatto è invece pienamente consensuale?

L’amore per la fotografia, così come l’amore in senso lato, è sempre una questione legata al tempo: sapere cosa fare quando arriva il momento giusto. Prendere o lasciare?

C’amì fa, dunque, se non scattare una foto quando vale la pena farlo?

Attenzione Spoiler!

Attenzione Spoiler!

È L’ACQUA IL VERO MIRACOLO DELLA VITA

IL DIVERTIMENTO DEL FOTOGRAFARE

Fotografare è un gesto che va ben oltre la semplice azione di “scattare” un’immagine. Per gli appassionati, è una forma di espressione che nasce dalla curiosità, dalla ricerca del bello e, non da ultimo, dal piacere di raccontare storie.

Quando ci si imbatte in situazioni insolite, in momenti che suscitano ilarità o inducono alla riflessione, la fotografia diventa il mezzo ideale per congelare l’emozione dell’attimo, trasformandola in un racconto visivo capace di durare nel tempo.

Trovarsi di fronte a una scena che sfiora il surreale può evocare una riflessione quasi filosofica. Pensate, ad esempio, a una donna che, seduta sulla sua carrozzina, si alza improvvisamente in preda alla sete. Un gesto semplice che, in quel contesto, assume le sembianze di un vero e proprio miracolo.

La macchina fotografica, allora, non è più soltanto un oggetto per catturare immagini: diventa uno strumento essenziale per immortalare significati. Ed è proprio qui che sta il vero divertimento: dare senso a ciò che appare fugace, cogliere l’essenza di un momento apparentemente insignificante e trasformarlo in una storia che merita di essere raccontata.

E chissà, forse proprio in situazioni come queste l’eterna lotta tra scienza e religione può fermarsi, almeno per un attimo, lasciando spazio a una sana e grassa risata.

Dopotutto, è l’acqua il vero miracolo della vita. Alziamo dunque i calici e brindiamo: salute!

Il tempo come soggetto

Il tempo come soggetto

LA FOTOGRAFIA CHE ASPETTA

TROVA LE DIFFERENZE. MONDO GIÀ COMPOSTO O COMPORRE IL MONDO

In fotografia, spesso si parla dell’importanza di catturare l’istante perfetto. Ma cosa accade quando, invece di cercare attivamente la scena, ci fermiamo e lasciamo che il tempo la costruisca per noi?

Prendiamo un esempio: una panchina anonima vicino a un segnale stradale. In un primo scatto, due giovani si baciano, proiettando vitalità e desiderio. Qualche tempo dopo, nella stessa inquadratura, la panchina è occupata da due anziani signori. Non fanno nulla, osservano il traffico; il segnale, ritoccato, ora segnala una calma piatta. Un’immagine che racconta il passaggio dalla passione all’ozio, dalla tensione del desiderio alla quiete della contemplazione.

Questa composizione non è il risultato di un’improvvisa ispirazione, ma di un’attesa consapevole. La fotografia diventa una riflessione sullo scorrere del tempo e sull’importanza di analizzare il contesto. Lo scatto non nasce dalla frenesia di cercare un soggetto già composto, ma dalla pazienza di osservare un luogo, di studiarlo, e di prevedere come la vita possa riempirlo di significato.

Attendere non significa rinunciare all’azione, ma mettere in pratica un pensiero previsionale: capire il flusso delle persone, immaginare come il contesto si evolverà, intuire le storie che potrebbero prendere forma. È un processo che richiede sensibilità e intelligenza visiva, perché il fotografo non è solo un testimone, ma un creatore di connessioni narrative.

La panchina, il segnale stradale, i soggetti: sono elementi che, presi singolarmente, non avrebbero forza narrativa. È il tempo – inteso come elemento fisico e concettuale – a trasformarli in una storia, a stratificare significati e a suggerire interpretazioni che vanno oltre ciò che appare.

Questa pratica non solo affina la capacità tecnica, ma stimola una visione più profonda del mondo. Ci insegna a rallentare, a leggere ciò che ci circonda e a scoprire che, talvolta, il momento perfetto non si trova: si lascia costruire.

Che cazzo ti guardi?

Che cazzo ti guardi?

STREETPHOTOGRAPHY: ELOGIO AL COLPO DI FULMINE

LA STREETPHOTOGRAPHY E LE DINAMICHE DELL’IMPREVISTO

La streetphotography è una disciplina che vive dell’imprevisto, dell’intuizione rapida e dell’occhio allenato. È un colpo di fulmine visivo: davanti a una scena, chi fotografa avverte qualcosa di irresistibile che lo spinge a immortalare quel momento, come se l’immagine già esistesse e chiedesse solo di essere colta.

Pensiamo a una signora con un ombrello rosso rotto e un maglione bucato, che incrocia lo sguardo di un passante curioso. Lei ricambia con un’espressione eloquente, quasi a dire: “Che cazzo ti guardi?”. È una scena perfetta, che racconta la vita urbana nella sua autenticità più cruda e bizzarra. In questi casi, il fotografo non si limita a osservare, ma interpreta e racconta, diventando parte invisibile di una narrazione visiva.

QUANDO LO SGUARDO DEL SOGGETTO SI RIVOLGE AL FOTOGRAFO

Tuttavia, non è raro che il soggetto della foto, accorgendosi della presenza dell’obiettivo, diriga il proprio disappunto direttamente verso il fotografo. Un gesto di fastidio, uno sguardo interrogativo o addirittura una richiesta esplicita: “Cancella quella foto”. Questo ribalta i ruoli: il fotografo, osservatore discreto, diventa il fulcro dell’attenzione, creando una tensione che fa parte dell’essenza stessa della streetphotography.

Questa tensione solleva questioni di rispetto e responsabilità. La streetphotography, infatti, non è solo la cattura del momento perfetto, ma anche un esercizio di empatia: immortalare persone e situazioni senza violare la loro dignità. Essere invisibili non significa ignorare l’etica.

LA PREPARAZIONE ALL’IMPREVISTO

La chiave per affrontare questi momenti sta nella capacità di anticipare. Il fotografo deve operare in maniera previsionale, osservando il contesto con attenzione per cogliere non solo la scena, ma anche le possibili reazioni. Lo scatto non nasce solo dall’istinto, ma dalla comprensione profonda del luogo e delle persone.

Anticipare, tuttavia, non significa evitare l’imprevisto, bensì accoglierlo. È il segreto della streetphotography: l’arte di lasciarsi sorprendere dal mondo e, al tempo stesso, di prevedere l’attimo in cui tutto si allinea per creare l’immagine perfetta.

IL COLPO DI FULMINE E IL RISPETTO PER IL QUOTIDIANO

La streetphotography è innamorarsi di ciò che accade per caso, anche quando non è perfetto. L’ombrello rotto, il maglione bucato, l’espressione di disappunto: sono dettagli che raccontano storie, che ci ricordano la bellezza dell’imperfezione. Ma questo colpo di fulmine deve sempre essere accompagnato da una profonda consapevolezza.

Ogni immagine catturata è un frammento della vita altrui, e il fotografo ha il compito di raccontarlo con rispetto e sensibilità. La magia della streetphotography sta qui, in questa tensione tra l’atto di “rubare” e quello di celebrare. Un’arte fatta di istanti, intuizioni e, talvolta, di sguardi che non dimenticheremo mai.